1 de março de 2010

Nozioni storiche sul Capodanno Veneto



Il calendario Veneto affonda le radici nella notte dei tempi fra i popoli indoeuropei. La zona originaria dei Veneti era il nord dell’Europa centrale (zona Lusaziana), dove gli scavi archeologici degli ultimi 30 anni stanno confermando quello che diverse fonti antiche riportavano. La civiltà veneta antica (venetica) sapeva coltivare, produrre il vino, allevare gli animali, scrivere, lavorare i metalli e le ceramiche, fare arte nelle case e nei monili, già attorno il 3000 Avanti Cristo. Questa civiltà creatrice aveva come divinità principale la Dea Retia che era appunto la divinità della vita, della salute e generatrice di essa. Non stupisce dunque che proprio quando la terra, ancora nel freddo, inizia l’attività generatrice e si prepara alla primavera, ossia nel mese di marzo, proprio allora i veneti festeggiassero la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo. Attorno al 2500 A.C. iniziarono diverse migrazioni dei veneti, secondo alcuni per cause climatiche ed ambientali, secondo altri per una certa naturale espansione di una civiltà che sapeva dare molto alle altre senza bisogno di far guerra. Essi si espansero in tutte le direzioni, cosicché sono di origine indoeuropea anche le popolazioni dell’est come dell ovest fino all’odierno Iran. Verso sud essi si stanziarono anche nell’Anatolia, e successivamente, intorno al 1200 A.C., a seguito della guerra di Troia da cui Antenore fu salvato, si stanziarono nell’alto Adriatico, fondando Padova e altre Città. Forse perché i romani ebbero come capostipite Enea, un discendente di Antenore, anche essi usavano il calendario indoeuropeo con inizio a marzo, ma tuttavia esso non rispondeva bene alle loro necessità dato che era di originario di luoghi soggetti all’inverno artico. Alcuni sostengono che per loro l’anno iniziasse a marzo e fosse intitolato a Marte, ma secondo la mitologia romana arcaica, quella più antica, Marte era appunto il dio della natura, della fertilità, della pioggia e dei tuoni e fu solo successivamente, in età classica , che divenne il dio della Guerra. Comunque fosse, ancora oggi il calendario risente dell’impronta indoeuropea, per cui a partire da Marzo, il mese della rinascita, si contano i dieci mesi, di cui il settimo (settembre), l’ottavo (ottobre), il nono (novembre) e il decimo (dicembre) conservano ancora il ricordo. Il quinto (Luglio ) e il sesto (Agosto ) furono poi intotalati a Julius e ad Cesare Augustus. Gennaio e Febbraio furono aggiunti con varie riforme per dare conto al ciclo delle stagioni che più a sud di dove nacque è diverso nei tempi della luce. Così, anche nella millenaria Serenissima Repubblica l’anno cominciava il 1 Marzo e Gennaio e Febbraio erano gli ultimi mesi dell’anno .

Fonte: Silvana Dal Cero

3 de janeiro de 2010

Le Origini del Popolo Veneto e della Serenissima



"Paphlagones in Italiam transvectì, mox Veneti sunt nominati"

Come riporta Cornelio Nepote, la popolazione veneta, si trasferì in Italia dalla Plafagonia, una antica regione a sud del Mar Nero dove coabitava con altri popoli come i Massaceti, i Saci, i Marondini, i Cauconi, ecc. Il termine "Veneto" deriva dalla forma Heneto o Eneto, antiche denominazioni di quel popolo, che troviamo citate anche da Omero e il cambiamento della forma non appare tanto eccezionale se si pensa che numerosissimi termini greci e poi latini subirono analoga trasformazione: Hesperus divenne Vespero, Hibernus divenne Vibernus e successivamente Verno, ecc..Una conferma la troviamo da Terenzio Varrone, un grammatico contemporaneo di Cicerone, il quale scrisse:" quos Homerus dixit Henetos, ille nunc Venetos appellant". In Paflagonia gli Eneti avevano combattuto a fianco di Troia con la loro cavalleria; certamente la guerra di Troia non aveva avuto le motivazioni romantico-cavalleresche riportate da Omero; molto più probabilmente essa era derivata da un complesso di cause, dall'espansione di popoli giovani alla ricerca di propri spazi, dalla pressione di nuove migrazioni, ecc.; cosi che alla fine della guerra, con la caduta di Troia, si verificò un generale riassestamento delle popolazioni che dette origine a spostamenti di interi popoli, tra le quali vi furono certamente gli stessi Eneti. In un primo tempo gli Eneti si sarebbero trasferiti nella Tracia, poi nell'Illirico ed in fine raggiunsero le rive occidentali e settentrionali dell'Adriatico; complessiva-mente la migrazione durò circa cinque secoli e come ritiene la maggior parte degli storici, sembra che soltanto nel VIII secolo avanti Cristo i Veneti abbiano raggiunto la loro sede definitiva nella regione che da essi stessi prese il nome di Venetia. Non si hanno notizie degli avvenimenti che la popolazione degli Eneti dovette affrontare durante i cinque secoli di migrazione, pare certo comunque che si sia progressivamente imbarbarita pur conservando il carattere originario: coraggiosi, operosi, tranquilli, ecc., caratteristiche queste rilevate da Omero e successivamente riconosciute ed ammirate dai romani, dei quali divennero importanti alleati. E' certo che le lagune fossero abitate sin da epoca preistorica; e, comunque, quando vi giunsero, gli Eneti trovarono altri popoli come Umbri, Etruschi ed Euganei, ecc. ivi stanziati. Dopo un lungo periodo di lotte e sacrifici, i Veneti riuscirono a sopraffare ed assorbire le popolazioni preesistenti organizzandosi con un conveniente ordinamento sociale. La regione occupata dai Veneti è quella che si stende in basso lungo le marine dell'Adriatico tra il Timavo e il Po, racchiusa tra le Alpi del Friuli e del Cadere fino al Lago di Garda. I Veneti marittimi e i Veneti terrestri avevano costituito un considerevole aggregato di popolazioni con un proprio ordinamento sociale, religioso, costumi e tradizioni, dando vita a numerosissimi aggregati urbani; in epoca preromana esistevano già oltre cinquanta città con circa un milione e mezzo di abitanti. Tuttavia essi non ebbero una vita molto tranquilla sia per i continui contrasti con i popoli vicini sia per le continue scorrerie dei Galli che erano giunti fino al Mincio e al Po. Da tali fatti ebbe origine una cordiale intesa tra il popolo Romano e i Veneti e I due popoli ricavarono da questa solidarietà una maggior forza contro il comune nemico, rappresentato dai Galli. Nel 390 a.c. non furono le oche del Campidoglio a salvare Roma ma bensì I Veneti che avevano attaccato le terre dei Galli (lasciate indifese durante la guerra con Roma) costringendoli ad una precipitosa ritirata. I Romani ebbero per i Veneti sempre una notevole ammirazione per la rettitudine di vita, la sobrietà dei costumi, la laboriosità e soprattutto per la correttezza negli affari e per il loro valore militare. Parlando della regione Veneta in Senato, Cicerone ebbe a dire:"llla flos Italie, illa ornamentum populi romani" (Essa è il fiore dell'Italia e ornamento del popolo romano).
LE ORIGINI (dal 466 al 1085)
Come si è detto, il Veneto e la gronda Lagunare erano abitati fin da epoca pre-romana con insediamenti notevoli sia per popolazione sia per importanza economica; tra questi avevano particolare rilievo le città di Padova e di Altino, entrambe dotate di un sistema portuale; i Romani, riconoscendo il territorio veneto come provincia, diedero ulteriore impulso allo sviluppo delle città ed in particolar-modo di Aitino che venne eretta a municipio ed arricchita di costruzioni ed edifici. "Altino era una grande città riboccante di popolo", scrisse il Doge Dandolo. All'epoca di Marco Aurelio, cioè nel 170 d.c., una moltitudine di Marcomanni e Quadi, popoli provenienti dall'oriente, invase il Veneto giungendo fino ad Oderzo, dopo aver annientato le legioni romane; seguirono poi altre invasioni con sempre maggior frequenza di popoli nordici ed orientali, i Goti, i Visigoti, gli Svevi, i Vandali, gli Alani, i Sarmati ed infine gli Unni, guidati da Attila nel 452. L'invasione degli Unni si diresse principalmente verso il Veneto: caddero Padova, Aquileia, e tutte le città del Veneto che per loro disgrazia si trovavano lungo il percorso degli invasori. La furia e la crudeltà degli Unni provocò un esodo generale; parte dei Veneti riparò a Ravenna, parte in Istria; ma la maggior parte si disperse tra le isole delle lagune, che in quell'epoca dovevano costituire un panorama topografico estremamente vario e complesso. Furono abitate per la prima volta le isole di Dorsoduro, Olivolo, Luprio, Gemini, Mercede, Vineole, Bovense, cioè quelle isole che pochi secoli dopo costituiranno il territorio della Città di Venezia, da Veneti provenienti, non solo dalla gronda lagunare ma anche da località più lontane, come Padova, Asolo, Belluno, ecc. In questa occasione non si ebbe un migrazione stabile: i profughi, non appena fu possibile ritornarono ai paesi di origine; tuttavia essa diede origine all'affrancarsi dei Veneti marittimi dai vincoli che li legavano ai Veneti di terra; la distruzione di città come Padova, Oderzo, Aquileia che avevano giurisdizione sugli abitanti delle lagune fece si che questi ultimi si ritrovassero liberi ma senza più alcuna autorità che li proteggesse e pertanto dovettero organizzarsi autonomamente. Nel 466 i capi delle diverse comunità si riunirono a Grado stabilendo che ogni comunità avrebbe eletto un proprio magistrato; "Tribuno"; successivamente, gli eletti si ritrovarono a Grado istituendo una forma di governo repubblicana.
Nel 535, Belisario, per conto dell'Imperatore d'oriente Giustiniano, occupò l'Italia e le terre della Venezia marittima iniziando il dominio bizantino sulle lagune Venete. Un magistrato bizantino governò le isole con residenza prima a Eraclea, poi a Malamocco: solo nel 726 appare un doge indigeno, Orso; ma sia questi sia i suoi successori rimasero alle strette dipendenze dell'esarca fino al 751, anno in cui Venezia acquistò una larga autonomia, senza cessare di riconoscere la sovranità di Bisanzio e di coltivarne un vantaggioso protettorato per i viaggi di mare. Nel confronto fra l'Impero carolingio e quello bizantino, Venezia si schierò con quest'ultimo, resistette agli attacchi franchi (803 e 810) e alla composizione del conflitto e alla definizione dei confini tra i due imperi restò a quello d'Oriente (814), quasi un ponte tra due mondi. In questo periodo il centro politico di Venezia, si spostò a Rialto e qui, dopo la traslazione delle reliquie di S. Marco e la costruzione della basilica, ebbe anche il suo centro religioso. Nei sec. IX e X, con la crescita della città, il legame con Bisanzio si trasformò da sudditanza in alleanza. All'interno, i dogi avevano poteri quasi dittatoriali, senza peraltro riuscire a trasformare in ereditaria la loro dignità elettiva e vitalizia. All'estero, i Veneziani difendevano con successo, insieme ai Bizantini, la libertà della navigazione nell'Adriatico contro pirati slavi e saraceni. Tra la fine del sec. X e i primi dell'XI, la città ottenne larghi privilegi commerciali nell'Impero bizantino (992) in cambio di un'alleanza militare; si assicurò protezione e garanzie da Ottone III di Sassonia per il transito dei suoi mercanti in Italia e in Germania imponendo il suo controllo sulla Dalmazia (999) come necessario per la difesa dei traffici. Formalmente delegato dall'imperatore bizantino, in realtà il doge agiva ormai come il capo di uno Stato indipendente. Nella difesa comune contro i Normanni l'imperatore Alessio I Comneno accordò larghissimi privilegi al commercio veneziano e, in cambio, i Veneziani salvarono dai Normanni il caposaldo bizantino di Durazzo (1085). Venezia mantenne la neutralità nella lotta delle investiture, invece', per non essere sopravanzata da Pisani e Genovesi, prese parte alla I Crociata (1100) e occupò Caifa in Palestina. La notevole potenza assunta da Venezia cominciò a preoccupare gli imperatori bizantini che, nel tentativo di frenarne la crescita, presero a favorire i Pisani, con i quali Venezia aveva una forte rivalità; ciò portò ad una aperta rottura tra la città lagunare e l'impero bizantino (1118) inducendo Venezia ad una serie di imprese militari contro Bisanzio e, in Siria, contro i Turchi, che le fruttarono la conferma e l'estensione dei privilegi del 1082 nell'Impero (1126) e nuovi privilegi e colonie nel regno di Gerusalemme (Ascalona, Tiro). Le crociate diedero inizio al grande impero veneziano del Levante: Venezia dispose propie basi a Costanti nopol i, Tessalonica, Corinto, isole Ionie, Creta, Cipro, Tiro, Caifa, Sidone, Ascalona, Acri, ecc.), nonché ad Alessandria. La gestione di questa vastissima rete d'interessi era essenzialmente commerciale ed affidata per lo più all'iniziativa dei privati mentre lo Stato si limitava a proteggerli. Con l'affermarsi della Repubblica come entità statale, la presenza nelle varie regioni divenne anche politica, tuttavia Venezia non abbandonò mai il criterio "privatistico" degli insediamenti commerciali ai quali la Repubblica forniva una continua protezione e dai quali ricavava ingenti ricchezze.

Ricerca Chiara Sibilla - 1998
Bibl. E. Miozzi: Venezia nei secoli
Archivio Federazione Veneta La Piave FAINORS
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